sabato 23 marzo 2013

Cardiochirurgia.



Non riesco a trovare le parole. Se ne presentano mille alla mia mente, creando discordia.
Più uno cerca di non pensare più non ci riesce.
Cerco di fare chiarezza, accendo una piccola luce dentro me, chiudo gli occhi.
Ecco, ora devo fermarmi, dovunque io sia. Immobile. Devo trovare quella parte di lui che si è legata a me e riuscire a staccarla dolcemente. Ma forse è impossibile farlo in modo dolce. Forse va strappata con violenza, ne vanno estirpate le radici.
Lasciami respirare, ti prego. Lascia che le mie giornate scorrano fluide con l’andamento della luce. Lascia che i miei giorni non vengano bagnati da lacrime di tristezza.
Non se ne vuole andare. Rimane aggrappato lì, lo vedo. Ha affondato le unghie nel mio cuore, io gliel’ho lasciato fare e sono io che non voglio lasciarlo andare.

È una cosa iniziata lentamente, abbiamo cominciato a parlare nel luglio 2011, scherzando, ci siamo finalmente visti nel settembre 2011, io sono poi partita per l’Erasmus, non volevo legarmi. Abbiamo continuato a sentirci, a parlare di quello che ci accadeva.
Ci siamo finalmente rivisti a Natale 2011, i nostri corpi si sono uniti. Ma poi sono dovuta ripartire, ricordo ancora le sue parole, mentre scendevo dalla macchina “Io ti aspetto” e io che non volevo credergli e non volevo credere a me stessa. Quando ero a Madrid gli ho scritto che forse era meglio non continuare, forse avevo paura. Poi sono tornata definitivamente a casa, Firenze, 20 febbraio 2012, ci siamo rivisti, era una giornata piovosa, io l’ho aspettato in Piazza della Signoria e abbiamo camminato e parlato, io ho rivelato le mie paure e lui mi ha rassicurata, ci siamo fermati in un vicolo del centro, mi ha detto “Provaci, buttati, male che vada sarà stata un’esperienza” e allora c’è stato un bacio. Dentro di me sentivo ancora la paura pulsare, la paura di poter vivere qualcosa di vero e di poterlo perdere.
Abbiamo fatto un sacco di cose, siamo andati a Bologna, a Venezia, città della quale mi sono follemente innamorata, l’ho fatto correre per musei e piazze. Ho tante, troppe foto a ricordarmi quei bei momenti.
Ho lavorato alla Fortezza, e ogni momento libero lui veniva a trovarmi, voleva stare con me ogni attimo. Con quei pochi soldi guadagnati abbiamo deciso di fare un viaggio, siamo volati a Londra, maggio 2012.
Una città non troppo adatta a me, ma sicuramente meravigliosa, anche lì a scorrazzare tra musei, tra pub, con me che non riesco nemmeno a reggere un bicchiere di birra.
Siamo tornati in Italia, abbiamo trovato un lavoro, mi ha detto “Vieni  da me, a stare a casa mia, non c’è nessun problema!”. Abbiamo quindi vissuto insieme ben tre mesi estivi, stress e lavoro, ma eravamo comunque noi, ed io ero felice di condividere la mia vita con lui, di dormire tutte le notti con lui, in quel letto di una piazza e mezzo, il caldo torrido che ci appiccicava la pelle, io che cercavo refrigerio dormendo addossata al muro. Era difficile ma era bello. Le mie cose stipate in una valigia rossa ai piedi del letto per tre mesi. Non mi interessava  avere nemmeno un cassetto, mi bastava essere lì con lui.
Lo spazzolino sulla scrivania e il mio pigiama sul letto.
Poi il vento autunnale ha cominciato a scorrere e siamo tornati alle nostre vite universitarie, stanchi dell’estate faticosa. Lui sicuramente più stanco di me. Mi ero abituata male, a me in fondo piaceva stare con lui in quel modo, ma lui si era stancato un po’ di quello e si sa le donne tendono di più a creare un nido a differenza dell’uomo. Così abbiamo cominciato a non capirci.
“Natalia, perché mi stai così addosso?”
“Giulio perché non vuoi mai stare con me come prima?”
Ecco. Lì è stato il punto di rottura. Quello in cui la Natalia bisognosa di affetto lo ricercava nella persona accanto a lei, la persona che diceva di non aver mai amato nessun altra in quel modo. E il Giulio, che in quel momento non voleva Natalia, voleva viversi i suoi 22 anni al meglio, voleva essere libero.
Qualcosa ha cominciato a scricchiolare, io che provavo e provavo, e lui che si allontanava. Ci siamo lasciati, doveva riflettere, ho passato i primi minuti del mio compleanno, il 24 dicembre, a piangere, dopo aver letto un suo messaggio di auguri. Mi mancava.
Il 2 gennaio 2013 ci siamo rivisti, guardati negli occhi, e il suo amore era lì, nascosto, l’ho visto e ci siamo riappacificati. Continui litigi ci hanno trasportati, l’entusiasmo sparito dai suoi occhi mi feriva il cuore. Il 20 febbraio 2013 abbiamo festeggiato un anno insieme e i nostri corpi si sono uniti insieme per l’ultima volta.
L’1 marzo ci siamo visti, mare sul fondo, cielo che annuncia tempesta, e lacrime a bagnare il mio viso. Ci siamo lasciati. Forse era la cosa più giusta da fare in quel momento. Il suo sentimento d’amore è calato, come il sole al tramonto, ti accorgi che è svanito solo quando è già buio.

E io non riesco ad accettarlo no. Queste sono le unghie infilzate nel mio cuore. Ho scritto queste cose, per cercare di lasciare in queste righe un po’ di lui, per farlo pesare un po’ meno dentro di me. Per cercare di curare il mio cuore, per abbandonare qui qualche piccolo pezzo.
Quanto è difficile lasciar andare le persone con cui hai condiviso tutto.
Ah…un momento sto respirando un po’ di nuovo. Non voglio piangere oggi. Lo devo a me stessa.

3 commenti:

  1. Nono ho mai commentato perchè non ho mai trovato le parole giuste. Neanche adesso in realtà so bene cosa dirti... Mi dispiace che tu stia attraversando questo momento e posso immaginare quello che provi. Sarebbe bello se riuscissimo a prendere il buono di ogni cosa, se tu vedessi in questa situazione la possibilità di ricominciare, ma so che è difficile.
    L'unica cosa che mi sento di dirti è di non crogiolarti troppo nel dolore solo perchè così alimenti una qualche speranza che non fa che peggiorare le cose.
    Per tutto il resto io, noi, ci siamo. Ti voglio bene.

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  2. Non penso di crogiolarmi nel dolore. Sto solo cercando di viverlo come meglio posso. Meglio viverlo adesso che in futuro, inutile accantonarlo in qualche punto nascosto, perchè poi spunterà di nuovo...
    Ti voglio bene!

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  3. Qui non si misurano ne le lacrime ne il dolore e tu ne stai attingendo a pieno, da entrambi. Quello che vorrei è non sentire la tua voce rotta dal pianto e dai singhiozzi, non perchè non sia giusto, ma perchè è ancora presto per arrendersi, è ancora l'alba per te, non il tramonto, perchè ciò che vedi finito ora in realtà splende, devi solo voltarti e vederlo. E' comodo stare nel dolore perchè ci giustifichiamo tutto, è un luogo dove chiudiamo le nostre paure. Ma il dolore è passeggero, la vita è qui, non lo dimenticare.

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